Licenze per musica d’ambiente: alla ricerca di un nuovo assetto

Le liberalizzazioni in tema Diritto d’Autore e Diritti Connessi: il difficile equilibrio fra le richieste delle “nuove Collecting”, un’efficace tutela degli aventi diritto e la sostenibilità economica per gli Utilizzatori.

1 – Diritto d’Autore e Diritti Connessi: un tema complesso

In Italia i diritti che vengono tutelati in un brano musicale e che gli utilizzatori devono pagare quando trasmettono musica in pubblico sono di tre tipi:

A. Diritto d’autore (autori del testo, compositori delle musiche e relativi Editori).
B. Diritti connessi (Produttori discografici).
C. Diritti connessi AIE – Artisti interpreti esecutori (cantanti, musicisti, complessi orchestrali e corali, direttori di orchestra o di coro).

Ogni brano musicale li contiene tutti e tre, ognuna delle tre tipologie di diritti (A-B-C) viene riscossa da una società definita “collecting”, alla quale il soggetto interessato si iscrive per essere rappresentato. Le società di collecting raccolgono per i propri mandanti i proventi spettanti, per lo sfruttamento del brano e della registrazione fonografica in una molteplicità di canali (da TV, Radio ecc…) e corrispondono quanto raccolto agli aventi diritto, al netto di una commissione trattenuta per l’intermediazione svolta.

Oggi, in seguito all’approvazione della legge sulla liberalizzazione del mercato della raccolta dei diritti d’autore, in Italia, nel settore musicale, le società di collecting sono ufficialmente nove:

1. AFI – ASSOCIAZIONE FONOGRAFICI ITALIANI (diritti connessi Produttori)
2. AUDIOCOOP (diritti connessi Produttori)
3. EVOLUTION (diritti connessi Produttori)
4. GET SOUND Srl (diritti connessi Produttori e AIE)
5. ITSRIGHT Srl (diritti connessi Produttori e AIE)
6. LEA – Liberi Editori e Autori (diritto d’autore ed Editore)
7. NUOVO IMAIE (diritti connessi AIE)
8. SCF Srl (diritti connessi Produttori)
9. SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori (diritto d’autore ed Editore)

L’Associazione Music Provider (AMP) è l’associazione che rappresenta in Italia i music provider che forniscono, a più di 30.000 esercizi commerciali, servizi di creazione di palinsesti di radio in store e musica d’ambiente per creare la colonna sonora di un brand e accompagnare così l’esperienza dei clienti nelle proprie location.

2 – Gennaio 2022: il nuovo scenario

All’inizio del 2022 decine di PEC sono state indirizzate ai singoli music provider e alle sedi dei loro clienti che rappresentano come detto più di 30.000 esercizi commerciali del mondo GDO, retail e horeca.

Le PEC sono state inviate da alcune delle nuove collecting nate in Italia negli ultimi anni che sino ad oggi avevano dato mandato a SIAE e SCF di raccogliere per loro ma ora intendono andare sul mercato in autonomia.

Nelle PEC si invitano tutti gli utilizzatori di repertori musicali a fornire l’elenco dei brani trasmessi così che nel caso in cui in uno di questi elenchi composto da migliaia di brani ci fosse anche un solo autore, produttore, musicista, iscritto alle nuove collecting, l’utilizzatore sarebbe obbligato a sottoscrivere e pagare una o più nuove licenze per tutti i suoi punti vendita.

Qualcuno può pensare sia facile sottoscrivere licenze solo con alcune collecting, selezionando unicamente brani dei repertori da esse rappresentati.
Facile da pensare, praticamente impossibile da fare e vi spieghiamo perché.

Un brano musicale può essere realizzato da cinque, sei, dieci o più soggetti, tutti rappresentati da una delle varie collecting e quindi potremmo vedere una singola registrazione essere riferibile ad aventi diritto rappresentati da diverse delle collecting attive in Italia, ciascuna a pretendere la propria parte dovuta all’avente diritto da essa rappresentato.

Inoltre un avente diritto può decidere di dare mandato a una collecting, oppure decidere di passare da una a un’altra collecting senza che ne venga data una evidenza efficace, generando in questo modo possibili errori inconsapevoli da parte degli utilizzatori.

I database delle collecting infatti non sono né allineati né interconnessi e per questo motivo è necessario un controllo multiplo su ogni singola opera, che deve essere ripetuto sul database di ogni singola collecting, per ognuna delle migliaia di opere presenti in un determinato palinsesto.

A complicare l’operazione si aggiunge il fatto che i database delle collecting permettono la verifica dei brani musicali uno alla volta. Se si considera che una radio in store gestisce un repertorio che può arrivare anche a 100.000 brani, si può capire perché il meccanismo di verifica e controllo della selezione dei brani diventi praticamente impossibile ed eccessivamente oneroso.

Con SIAE e SCF i music provider italiani hanno in essere da anni delle regolari licenze, che consentono loro di fornire ai clienti contenuti musicali in piena legalità; peraltro i music provider sono stati tra i primissimi attori del mercato a fornire rendiconti analitici sulle utilizzazioni, per consentire una equa e trasparente ripartizione dei proventi agli aventi diritto.

Allo stesso modo, gli esercizi commerciali (supermercati, hotel, ristoranti, negozi di retail) corrispondono a SIAE e SCF i diritti di diffusione al pubblico, stabiliti dalle diverse licenze in relazione alla dimensione della superficie e alla tipologia di location.

Nell’attuale assetto del mercato della concessione di repertori tutelati in campo musicale si sono quindi aperte nuove opportunità, ma contemporaneamente un’inedita complessità.

Inoltre, nuovi e ulteriori soggetti potranno via via accreditarsi come Società di Collecting in Italia, frammentando sempre di più i repertori nell’ambito dei diritti d’autore e dei diritti connessi. Il risultato sarà (ed è già) la necessità di siglare continuamente nuove licenze per poter accedere ai vari repertori rappresentati.

Ciascuna collecting può licenziare, liberamente e individualmente, il proprio repertorio, con criteri tariffari propri, al prezzo di propria scelta, senza alcun limite imposto.

Questo assetto del mercato è certamente legittimo e tipico di un mercato libero, ma le scelte fatte dalle collecting stanno avendo come effetto naturale l’aumento complessivo e incontrollato dei costi di licenza per gli utilizzatori. Se in regime di monopolio, legale o di fatto, l’interlocutore era unico e la tariffa unica, predeterminata da un anno per l’altro (diciamo di valore “100”), in questo nuovo assetto, le tariffe richieste complessivamente ora si vanno a sommare, alcune volte con criteri nuovi e di difficile comprensione, per ottenere un valore di mercato decisamente superiore a quello pagato in regime di monopolio di precedenza.

La liberalizzazione della gestione collettiva dei diritti, pensata come una possibilità di scelta per gli aventi diritto, non avrebbe dovuto invece rappresentare un indebito e imprevisto aumento dei costi a parità di opere musicali complessive utilizzate per gli utilizzatori. Ci troviamo, quindi, nell’assurdo caso per cui questa liberalizzazione produce per gli utilizzatori, a differenza delle altre alle quali abbiamo assistito negli anni, non un risparmio e un miglioramento dei servizi offerti, ma un aumento dei costi e dei processi di verifica e regolarizzazione dei repertori.

Le licenze proposte dalle nuove società di Collecting si vanno quindi a sommare agli attuali costi di licenza sostenuti con SIAE e SCF.

Il nostro obiettivo principale come Music Provider è da sempre quello di fornire ai nostri clienti la musica giusta e più adatta ai loro ambienti, non la meno costosa o meno complicata da utilizzare.

Per potere quindi operare delle scelte artistiche consapevoli, mirando a soddisfare al contempo le richieste della nostra clientela, sarebbe necessario ottenere dalle diverse collecting, a cadenza regolare, i loro database completi e aggregati, consultabili in forma di elenco brani, con evidenza del relativo quadro diritti.

Questo consentirebbe ai music provider di individuare con rapidità, certezza, stabilità e semplicità quale avente diritto è rappresentato da quale collecting.

A complicare ulteriormente il quadro attuale, va sottolineato che le diverse Collecting si muovono con modalità operative che spesso non rispettano la normativa vigente o che di fatto, privano gli utilizzatori del diritto di conoscere i repertori e di sceglierli preventivamente, attuando una politica meramente esattiva.

Si registrano infatti le seguenti situazioni:

1) Le licenze e le tariffe di utilizzo non sono pubbliche oppure non disponibili per l’anno 2022;

2) Non è chiaro a quale titolo una collecting richieda i dati di utilizzo agli utilizzatori, non avendo né contratti in essere, né avendo adempiuto agli obblighi di cui al punto precedente, cioè avendo fornito evidenza del repertorio, della licenza e dei diritti su cui si basa tale richiesta;

3) Alcune collecting richiedono ai punti vendita di fornire i dati di utilizzo, nonostante, secondo l’interpretazione data da AGCOM alla normativa vigente, l’obbligo di fornitura dei dati sia posto a carico degli utilizzatori così detti “attivi”, perché solo questi hanno la disponibilità delle informazioni che riguardano la scelta della programmazione e hanno accesso al rendiconto di utilizzo. Gli utilizzatori “passivi” non hanno nella loro disponibilità materiale tali informazioni, alla stregua di un qualunque esercizio commerciale che accende la radio o la televisione sintonizzandosi, per esempio, su un’emittente nazionale. In tali comunicazioni le collecting minacciano i punti vendita di sanzioni non previste dalla normativa per il mancato adempimento di obblighi non previsti dalla normativa, agendo in modo discutibile e turbando il mercato;

4) L’accesso alle banche dati dei repertori delle collecting non rende possibile l’esclusione di un repertorio dalla programmazione, in quanto:

a) nessuna collecting fornisce garanzie legali sull’attendibilità della ricerca;

b) le ricerche sono possibili solo per singole opere e non in forma aggregata, fatto che comporta un aumento eccessivo di costi da parte dell’utilizzatore, anche in considerazione del fatto che ogni ricerca su singole opere non dà in alcuni casi risultati istantanei;

c) Le banche dati non sono “stabili”, ma sono dinamiche. Sarebbe invece necessario conoscere con certezza questo dato, almeno per un periodo coincidente con quello della licenza concessa (ad esempio l’anno solare), perché vi sia la certezza della consistenza del repertorio di una collecting. Potrebbe infatti accadere che la banca dati pubblica pubblicata sul sito di una collecting venga aggiornata a cadenza mensile, contraddicendo di fatto la ricerca fatta il mese precedente da un utilizzatore nell’intento di non usare un repertorio, con la conseguenza che questo utilizzatore, pur avendo compiuto ogni ragionevole sforzo per evitare di violare un diritto si troverebbe nella condizione spiacevole di dovere pagare per un utilizzo e una violazione non voluta.

5) L’assenza di una banca dati unica e certa per tutto il mercato, porta come conseguenza che vi siano delle contraddizioni nelle banche dati delle collecting (con aventi diritto rivendicati da più collecting per la stessa opera, diritto e territorio), fatto che rende oggettivamente impossibile conoscere con certezza la consistenza dei repertori e, di conseguenza, selezionarli.

3 – Alla ricerca di una soluzione condivisa

In Italia è l’AGCOM (Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni) che vigila sul mercato delle collecting ed è quindi il soggetto deputato a intervenire qualora le stesse non siano in linea con la normativa o non ne rispettino le regole.

Il nostro auspicio è che il mercato della gestione dei diritti d’autore e connessi in campo musicale trovi, il prima possibile, un suo assetto certo, semplice e sostenibile per il bene di tutte le figure protagoniste di questo mercato.

Dovrebbe permettere agilmente agli utilizzatori di pagare i repertori utilizzati a tariffe chiare ed eque, preferibilmente valide per un intero anno solare.

Dovrebbe disincentivare la discriminazione degli aventi diritto in ragione delle condizioni di licenza o delle tariffe proposte dai loro mandatari, così che vi sia la massima circolazione di prodotti culturali e gli aventi diritto possano vedere remunerato il proprio investimento creativo o imprenditoriale.

In tale senso ricordiamo che in alcuni Paesi a libero mercato si sono trovate soluzioni adeguate al raggiungimento di tali necessità, quali:

1) la determinazione di tariffe uniche sul diritto d’autore e sui diritti connessi da parte di una autorità terza, in contraddittorio con gli utilizzatori;

2) l’affidamento dell’attività di raccolta/controllo a un unico soggetto, lasciando a valle la competizione tra le collecting nei confronti degli aventi diritto;

3) la creazione di banche dati uniche e certe;

4) la creazione di accordi spontanei tra collecting per determinare una tariffa unica da ripartirsi in ragione della propria rappresentatività o in proporzione all’effettivo utilizzo del repertorio (soluzione che in vero ha già dei precedenti in Italia, sia nell’ambito delle licenze di pubblica diffusione di diritti d’autore in campo musicale, che nell’ambito dei diritti connessi degli artisti interpreti ed esecutori).

Alcune di queste soluzioni dipendono da modifiche normative, altre invece dalla volontà degli operatori del settore: per quanto ci concerne, in entrambi i casi, siamo disponibili ad agevolare un qualunque percorso tra quelli sopra elencati e a dare il nostro contributo per favorirlo.

Invitiamo quindi le singole Collecting e le Associazioni di Categoria a un tavolo congiunto – chiedendo ad AGCOM di presiederlo, in qualità di supervisore e garante – al fine di trovare una soluzione condivisa.

Siamo innamorati della musica e vogliamo poter continuare a lavorare con passione per diffonderne il suo alto valore aggiunto, nelle legittime attese degli utilizzatori così come nella massima tutela ed interesse degli aventi diritto.