Pietro giola, Machiavelli Music: “la musica regala magia a brand, spot e film. Deve avere il giusto valore”


Per far capire l’importanza della musica in ogni genere di opera multimediale (film, spot, video aziendale, video virale, etc), Machiavelli ha prodotto un video davvero efficace intitolato “The Fields“.

Un gruppo di bambini corre in un campo di grano. Dapprima la musica mette di buon umore, sembra la colonna sonora per i loro giochi. Poi la scena ricomincia da capo, ma la musica è inquietante, sembra prevedere chissà quale vago problema ai margini del campo, come se ne nel bosco circostante ci fosse qualcosa che non va. Ancora un’interruzione, per riprendere da capo, questa volta con una musica epica, che racconta l’avventura di un gruppo di amici che inizia a vivere la vita come si deve… ma ci si ferma di nuovo, questa volta il terrore è puro, mentre nella scena successiva, note di pianoforte acustico lasciano tutto come sospeso, in una straniante malinconia…

“La nostra idea era proprio far capire in modo immediato quanto sia importante la parte musicale di un qualsiasi video”, racconta Pietro Giola, CEO di Machiavelli Music, uno dei soci AMP. “Abbiamo cercato prima di tutto un soggetto ‘neutro’, una scena che non fosse subito identificabile. Cambiando la musica, la scena diventa subito diversa. Il claim finale è proprio ‘Let the music tell the story‘, ovvero lascia che sia la musica a raccontare una storia. Se sulle stesse immagini metti colonne sonore diverse, racconti storie diverse”.

In realtà quando Pietro Giola utilizza questo video durante presentazioni dal vivo, usa un altro stratagemma molto efficace, quello del silenzio assoluto. “Dopo il nostro audio – logo, la prima volta mostriamo le immagini senza musica… e subito le persone in sala iniziano a guardarsi intorno, come se ci fosse qualche problema tecnico. C’è sempre una chiara sensazione di disagio. E’ vero che anche il silenzio è una musica, ma quando in una scena di un video o di un film non ci sono dei rumori di fondo, quando l’audio è ‘spento’ è come sentirsi in una camera anecoica. L’uomo non è fatto per vivere nell’assenza totale di suono. La musica invece in pochi istanti ti porta dalla gioia alla tristezza, dall’ansia alla paura, dall’energia alla disperazione”.

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Machiavelli Music si occupa di consulenza musicale a 360 gradi. Il suo team, formato da tanti diversi professionisti (creativi, musicisti, consulenti musicali, esperti in diritto d’autore musicale), si interfaccia ogni giorno con case di produzione, registi, agenzie pubblicitarie, creativi, producer, direttori comunicazione, editori, web agency, radio, televisioni, etc ed il catalogo di Machiavelli Music conta oltre 350.000 tracce musicali di etichette discografiche di tutto il mondo. I progetti importanti che questa realtà cura sono molti e molto diversi tra loro.

Un recente spot Peroni dedicato a Gran Riserva è dedicato al tempo, necessario per creare il gusto di questa birra con un brano “inspiring” di violoncello e pianoforte. Per “Italian Culture” for ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Machiavelli ha collaborato con un regista e attore molto conosciuto come Silvio Muccino. In questo caso il focus è la straordinarietà del cibo italiano, la sua diversità anche culturale (ben 600 tipi di formaggi, la nostra pasta, complessivamente siamo il paese con più cibi certificati al mondo). Le immagini girate da Muccino sono piene di luce, le sonorità classiche rispecchiano l’atmosfera serena dello sport, dando un ritmo intenso al tutto.

Machiavelli Music ha anche co prodotto il divertente corto di animazione “The Perfect Videomaker” con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema, Dipartimento di Animazione. Anche in questo caso il messaggio arriva chiaro e semplice e in questo caso è diretto a chi vuol diventare video maker / regista professionista: “la musica dà valore ai tuoi video, dai il giusto valore alla musica”.

Lavorate anche con l’universo moda?

“Collaboriamo spesso con brand globali come FerragamoHoganZegnaArmani… La nostra caratteristica è un’attenzione costante alla qualità. Il settore fashion ha sempre bisogno di musiche per i suoi video, anzi per i suoi emotional video, che noi comuni mortali chiamiamo video di prodotto…. in ogni caso, quando si collabora con brand importanti, sostanza musicale e ricerca ci sono, eccome, sia per le sfilate sia per gli eventi. A volte ci viene richiesto di interpretare le tendenze musicali del momento, a volte invece ci chiedono di poter utilizzare proprio quel brano  già famosissimo. Non sempre si tratta della scelta giusta. Sia chiaro, il cliente ha tutto il diritto di fare richieste di questo tipo, il lavoro di Machiavelli è proprio quello di proporre ciò che davvero potrebbe servire a livello sonoro per differenziarsi da ciò che passano le radio FM. Quando si sceglie semplicemente il brano del momento, creare una connessione con il brand diventa davvero difficile”.

Chi deve creare prodotti multimediali forse riesce a spiegare di che musica ha bisogno…

“Le richieste più astruse e divertenti sono quelle dei creativi pubblicitari o di chi si occupa della direzione marketing in grandi aziende. Capita di sentire frasi tipo: ‘questo brano mi sembra un po’ troppo bosco, lo vorrei foresta’, oppure: ‘vorrei una musica che fosse anche una non musica’… Ovviamente la richiesta fondamentale è che la musica sia sempre e comunque memorabile. La richiesta più fastidiosa è comunque quella del ‘tappetino’. Quando ce lo chiedono, dico sempre che noi tappeti non ne abbiamo, facciamo un altro lavoro. Il termine esatto è sottofondo musicale. Trattare la musica così è come andare da un grafico creativo e dirgli: ‘dai, fammi uno sbuffo che mi serve per un logo, qualcosa di semplice. Tanto cosa ci vuole? Fammi un disegnino…’”.

In effetti, a livello personale, mi è capitato spesso di legare un brand ad una musica, se quella scelta per uno spot è davvero efficace. Non nego che per me Nike sarà per sempre il brand più cool in ambito sportswear per uno splendido spot in cui usarono “Instant Karma” di John Lennon, brano che quasi non conoscevo…

“Quando l’abbinamento funziona, la musica regala davvero magia ad un brand. Il problema è che chi si occupa di comunicazione investe gran parte del suo budget in testimonial. Si spendono spesso milioni di euro per la star ‘giusta’, anche quando associarla davvero al brand è difficile, mentre investire nella produzione di uno spot di qualità e quindi anche nell’identità musicale del brand è una rarità”.

Gli spot delle compagnie telefoniche italiane, in cui sempre o quasi c’è la hit del momento, sono efficaci?

“Probabilmente no, perché non sorprendono. Il punto è sempre cercare di essere originali e riproponendo sempre lo stesso tipo di scelte musicali è difficile ‘restare in testa’ a chi vede uno spot “.

L’eccellenza di Sorrentino, di Gomorra o di Dunkirk non è ovviamente comune, ma il livello sonoro e musicale medio di film e delle serie tv, in questo periodo, sembra essere più curato che in passato.

“C’è stata senz’altro una crescita per quel che riguarda l’idea di colonna sonora. Ne parlavo proprio qualche giorno fa con un gruppo di compositori che spesso lavora con il cinema. Oggi le musiche dei film non nascono più con le grandi orchestre. Spesso è un singolo artista a creare tutto, grazie alla tecnologia. Il processo creativo non è diventato più facile: i registi continuano a chiedere l’impossibile e spesso non sono neppure in grado di esprimere le loro richieste… i musicisti devono interpretare, ovvero dare una soluzione sonora alle immagini che il regista ha iniziato a pensare o a girare. E non ci sono solo i film e le serie tv. Anche nei videogame la colonna sonora è ormai essenziale ed il livello delle produzioni analogo a quello dei film hollywoodiani. Anzi, spesso le sonorità sono orchestrali, mentre anni fa erano solo elettroniche, di sintesi”.

Sembrerebbe uno scenario in crescita, ma è davvero così?

“Purtroppo no, soprattutto se guardiamo alla percentuale di budget che le produzioni italiane destinano alla musica. All’estero, la colonna sonora ha sempre una percentuale ben definita. In Italia invece i produttori cinematografici chiedono di lavorare gratis a musicisti ed editori. Tanto, dicono, chi cura le musiche ‘rientra’ dei costi grazie alle edizioni. Il problema è che per recuperare una cifra minimamente decente in diritti, un film deve incassare in sala almeno un milione di euro, cosa che capita solo a Zalone e a pochissimi altri… E quindi, se è vero che il livello medio delle musiche forse è cresciuto, il valore percepito della musica si è ridotto. Mai come oggi infatti la musica è dappertutto: è liquida, anzi è come l’aria e quindi sembra ovvio debba essere gratis o quasi. L’aria posso respirarla sempre, quindi perché devo occuparmi di pagarla?”.

Alla musica, insomma, spesso non viene dato il giusto valore.

“Il punto è che si parla troppo poco di qualità musicale e troppo spesso di ridurre i costi. Oggi, su certi siti, è possibile comprare i diritti di un brano per 10 o 20 dollari ed utilizzarlo per uno spot. Ovviamente questi siti non danno alcuna certificazione, non sai mai se lo stesso brano viene usato in altre produzioni, né puoi sapere chi è l’autore / compositore e non hai alcuna protezione in ambito legale… Ad esempio, un’operazione ancora oggi piuttosto comune è quella del re-titling: i musicisti spesso ‘vendono’ lo stesso brano ad un’agenzia chiamandolo ‘Blue’ e ad un’altra chiamandolo ‘Red’“. Oggi c’è il fingerprint audio e la cosa è un po’ più difficile… ma il fenomeno resta ed il cliente finale può andare incontro a seri problemi. Chi spende cifre così ridicole, magari per una campagna pubblicitaria importante, si espone a rischi davvero immotivati. Infatti utilizzare musica davvero originale oppure licenziata attraverso una vera agenzia non costa certo una follia”.

(Lorenzo Tiezzi – www.soundscapes.it)


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